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Biofeedback al servizio dello sport

  • Dr.ssa Giuseppina Maragoni
  • 25/02/2019

Frequenza cardiaca, respirazione e tensione muscolare: una consolle ti permette di controllare i parametri psicofisiologici del tuo corpo



Il biofeedback è  uno strumento molto utile all’atleta per imparare a riconoscere e controllare alcune delle principali funzioni e modificazioni psicofisiologiche attive nel nostro corpo.



Si è sempre pensato infatti che la frequenza cardiaca, la respirazione, la tensione muscolare così come altre funzioni corporee sfuggissero al controllo cosciente e volontario, in quanto regolate in maniera autonoma dal sistema nervoso; in realtà il biofeedback ha dimostrato che è possibile modificare volontariamente questi parametri psicofisiologici.



Nello specifico il biofeedback è uno strumento che – attraverso degli elettrodi applicati sulla cute dell’atleta (fronte, braccia, addome..) – è in grado di rilevare come cambia il livello di attivazione psico fisica presente nel corpo dell’atleta in un preciso momento, ad esempio quando sottoposto a una condizione stressante oppure in stato di rilassamento.



Le reazioni dell’organismo, in particolar modo, sono condizionate dai pensieri, dalle emozioni e dall’interpretazione data dall’atleta agli eventi.



Il biofeedback trasforma il segnale muscolare rilevato dai sensori in un segnale acustico o visivo che, proiettato sullo schermo di un computer, consente all’atleta di monitorare in diretta i processi corporei in atto (andamento delle onde cerebrali, ritmo cardiaco, ritmo respiratorio, pressione e tensione…).



Una volta rilevato il suo livello di attivazione e di tensione muscolare, ritmo cardiaco e frequenza respiratoria il corridore potrà allenarsi, attraverso le tecniche di mental training apprese in collaborazione dello psicologo dello sport, a modificare i suddetti parametri in modo più funzionale alla prestazione.



Ad oggi, infatti, come tutti sappiamo, livelli eccessivi o troppo bassi di attivazione psico-fisica ostacolano la massima espressione della performance compromettendo così i risultati ed il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall’atleta.



Perché dunque dovrebbe essere utile per un ciclista imparare ad utilizzare uno strumento come il biofeedback? Semplice! Per imparare più rapidamente a modificare in modo volontario quei parametri fisici che sono condizionati dalla mente e dagli stati emotivi del momento.



Una respirazione irregolare e l’eccessiva tensione muscolare che caratterizzano l’ansia pre-gara infatti, se non gestite, possono ostacolare la qualità della prestazione agonistica.



Il Biofeedback, se abbinato alle tecniche di rilassamento, permette all’atleta di imparare in tempi brevi a raggiungere lo stato di attivazione ottimale utile alla prestazione così da riprodurlo poi in contesto di gara.



Con l’ausilio del biofeedback l’atleta sarà in grado di identificare le condizioni psico-fisiche associate alle sue prestazioni migliori e peggiori, comprendendo in anticipo quando intervenire per modificare questi parametri.



Il biofeedback è particolarmente utile in caso di tensione eccessiva ed ansia pre-gara perchè rende consapevole l’atleta delle risposte fisiologiche emesse dal suo corpo nel momento in cui la mente inizia a produrre pensieri negativi.



Così come, a volte, l’eccessiva attivazione viene indotta o peggiorata da modelli di respirazione errati che attraverso il biofeedback possono essere riconosciuti e corretti.



Il biofeedback, utilizzato ad oggi da diversi psicologi, è uno strumento che rende ancora più evidente lo stretto legame esistente fra corpo e mente, mostrando “in diretta” come gli stati mentali e le emozioni influiscono sui parametri fisici e corporei e di conseguenza sulla prestazione.



Una volta imparato a riconoscere le personali sensazioni associate allo stato di attivazione ottimalee imparato ad applicare le tecniche di mental training per riprodurle in contesto di gara l’atleta non avrà più bisogno del biofeedback e avrà sviluppato una maggior consapevolezza nella gestione del suo atteggiamento mentale.




Credits: Dott. Righetto